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Autismo: al via la mappatura della situazione in Italia

Esplora il significato del termine: L’autismo è una malattia in gran parte ancora sconosciuta e non esistono cure. Ma se la diagnosi viene fatta quando il bambino è molto piccolo, l’intervento precoce può migliorare di molto i sintomi e la qualità della vita del paziente. Per questo, da diversi anni, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è impegnato in un percorso di individuazione dei segnali precoci della malattia e nel tentativo di rendere omogenea l’offerta assistenziale in tutta Italia, ancora oggi molto variabile da regione a regione. Dal 2011 al 2014 Maria Luisa Scattoni, del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’ISS, ha coordinato il progetto “Non invasive tools for early detection of autism spectrum disorders” (strumenti non invasivi per la diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico): obiettivo, studiare i comportamenti dei bambini nei primi due anni di vita per riuscire a identificare gli “indicatori” dello spettro autistico.

La mappatura dell’autismo in Italia
Ora prende il via un nuovo programma coordinato dalla Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) e dall’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (UONPIA) della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, con la collaborazione della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP). Si tratta di un’indagine a tappeto delle procedure attive in ciascuna regione per la diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico (ASD), che fa parte di un progetto più ampio, della durata di due anni, finanziato e monitorato dal Ministero della Salute e affidato all’Istituto Superiore di Sanità e volto all’istituzione di un osservatorio nazionale per il monitoraggio della malattia. La prima parte del progetto, partita a febbraio e direttamente in capo all’ISS con il coordinamento di Maria Luisa Scattoni, ha l’obiettivo di effettuare una stima del numero di persone colpite da autismo in Italia (percentuale sulla popolazione generale). Negli ultimi anni si è assistito a un aumento di questo gruppo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzati da scarse capacità di interazione sociale e comunicativa.

Raggiungere la diagnosi entro i 24 mesi
Anche a livello mondiale sono ancora pochi i registri di pazienti autistici e gli studi epidemiologici sul tema. È però sempre più evidente come l’individuazione e il trattamento precoce dei casi di autismo possano ridurre significativamente l’impatto del disturbo sullo sviluppo e migliorare le capacità e l’autonomia del paziente. «In Italia la diagnosi viene mediamente effettuata all’età di 4-5 anni: c’è un ritardo di circa 2-3 anni rispetto ai primi dubbi dei genitori» afferma Antonella Costantino, presidente SINPIA e direttore della UONPIA della Fondazione Policlinico, che coordina la seconda parte del progetto. Gianpiero Chiamenti, presidente FIMP, prosegue: «Per poter iniziare a porre il sospetto diagnostico entro i 18 mesi e raggiungere la diagnosi entro i 24 mesi è cruciale il ruolo dei pediatri di libera scelta, che nei controlli sanitari di routine hanno la possibilità di osservare in maniera mirata i segnali di rischio di autismo e indirizzare tempestivamente i genitori ai servizi di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza per la conferma diagnostica e l’eventuale presa in carico». Secondo obiettivo del progetto dell’osservatorio nazionale è raccogliere informazioni su quali strumenti di screening e diagnosi precoce siano attivi a livello regionale negli accordi con i pediatri di libera scelta e quali siano le modalità più efficaci per facilitare l’accesso ai servizi di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza.

Ruolo cruciale dei pediatri di famiglia
«Per le famiglie la presenza di reti di intervento e la facile accessibilità ai servizi di salute che abbiano competenze specifiche ha una ricaduta immediata sulla qualità della vita – spiega Giovanna Romano del Ministero della Salute -. Una rete di assistenza sotto casa, inoltre, potenzia il valore abilitativo dell’intervento che, se iniziato in fase precoce, aumenta l’efficacia nell’acquisizione di autonomia nelle azioni quotidiane e può migliorare significativamente l’esito in termini di competenze cognitive e sociali». Da settembre verranno poi ricostruiti i percorsi diagnostici-terapeutici reali di un campione di piccoli pazienti con sospetto autismo arrivati ai servizi di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, per identificare i principali punti di forza e di debolezza, approfondire gli effetti dell’ampia variabilità regionale e individuare le buone pratiche che migliorano l’assistenza. «Va sottolineato come i pediatri si trovino in una posizione decisiva per l’individuazione dei primi segnali d’allarme, per l’avvio del processo diagnostico e per l’instaurarsi di un rapporto di fiducia e collaborazione con la famiglia. Fiducia e collaborazione che possono poi essere estesi anche nel rapporto con gli altri specialisti dell’età evolutiva e nel coinvolgimento attivo durante le successive fasi di cura», conclude Federica Zanetto, presidente dell’Associazione Culturale Pediatri.L’autismo è una malattia in gran parte ancora sconosciuta e non esistono cure. Ma se la diagnosi viene fatta quando il bambino è molto piccolo, l’intervento precoce può migliorare di molto i sintomi e la qualità della vita del paziente. Per questo, da diversi anni, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è impegnato in un percorso di individuazione dei segnali precoci della malattia e nel tentativo di rendere omogenea l’offerta assistenziale in tutta Italia, ancora oggi molto variabile da regione a regione. Dal 2011 al 2014 Maria Luisa Scattoni, del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’ISS, ha coordinato il progetto “Non invasive tools for early detection of autism spectrum disorders” (strumenti non invasivi per la diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico): obiettivo, studiare i comportamenti dei bambini nei primi due anni di vita per riuscire a identificare gli “indicatori” dello spettro autistico.

La mappatura dell’autismo in Italia
Ora prende il via un nuovo programma coordinato dalla Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) e dall’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (UONPIA) della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, con la collaborazione della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP). Si tratta di un’indagine a tappeto delle procedure attive in ciascuna regione per la diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico (ASD), che fa parte di un progetto più ampio, della durata di due anni, finanziato e monitorato dal Ministero della Salute e affidato all’Istituto Superiore di Sanità e volto all’istituzione di un osservatorio nazionale per il monitoraggio della malattia. La prima parte del progetto, partita a febbraio e direttamente in capo all’ISS con il coordinamento di Maria Luisa Scattoni, ha l’obiettivo di effettuare una stima del numero di persone colpite da autismo in Italia (percentuale sulla popolazione generale). Negli ultimi anni si è assistito a un aumento di questo gruppo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzati da scarse capacità di interazione sociale e comunicativa.
Raggiungere la diagnosi entro i 24 mesi
Anche a livello mondiale sono ancora pochi i registri di pazienti autistici e gli studi epidemiologici sul tema. È però sempre più evidente come l’individuazione e il trattamento precoce dei casi di autismo possano ridurre significativamente l’impatto del disturbo sullo sviluppo e migliorare le capacità e l’autonomia del paziente. «In Italia la diagnosi viene mediamente effettuata all’età di 4-5 anni: c’è un ritardo di circa 2-3 anni rispetto ai primi dubbi dei genitori» afferma Antonella Costantino, presidente SINPIA e direttore della UONPIA della Fondazione Policlinico, che coordina la seconda parte del progetto. Gianpiero Chiamenti, presidente FIMP, prosegue: «Per poter iniziare a porre il sospetto diagnostico entro i 18 mesi e raggiungere la diagnosi entro i 24 mesi è cruciale il ruolo dei pediatri di libera scelta, che nei controlli sanitari di routine hanno la possibilità di osservare in maniera mirata i segnali di rischio di autismo e indirizzare tempestivamente i genitori ai servizi di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza per la conferma diagnostica e l’eventuale presa in carico». Secondo obiettivo del progetto dell’osservatorio nazionale è raccogliere informazioni su quali strumenti di screening e diagnosi precoce siano attivi a livello regionale negli accordi con i pediatri di libera scelta e quali siano le modalità più efficaci per facilitare l’accesso ai servizi di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza.
Ruolo cruciale dei pediatri di famiglia
«Per le famiglie la presenza di reti di intervento e la facile accessibilità ai servizi di salute che abbiano competenze specifiche ha una ricaduta immediata sulla qualità della vita – spiega Giovanna Romano del Ministero della Salute -. Una rete di assistenza sotto casa, inoltre, potenzia il valore abilitativo dell’intervento che, se iniziato in fase precoce, aumenta l’efficacia nell’acquisizione di autonomia nelle azioni quotidiane e può migliorare significativamente l’esito in termini di competenze cognitive e sociali». Da settembre verranno poi ricostruiti i percorsi diagnostici-terapeutici reali di un campione di piccoli pazienti con sospetto autismo arrivati ai servizi di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, per identificare i principali punti di forza e di debolezza, approfondire gli effetti dell’ampia variabilità regionale e individuare le buone pratiche che migliorano l’assistenza. «Va sottolineato come i pediatri si trovino in una posizione decisiva per l’individuazione dei primi segnali d’allarme, per l’avvio del processo diagnostico e per l’instaurarsi di un rapporto di fiducia e collaborazione con la famiglia. Fiducia e collaborazione che possono poi essere estesi anche nel rapporto con gli altri specialisti dell’età evolutiva e nel coinvolgimento attivo durante le successive fasi di cura», conclude Federica Zanetto, presidente dell’Associazione Culturale Pediatri.

Fonte: Corriere.it

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