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Mal di testa: colpisce il 12% degli italiani. A Bologna un Congresso dedicato ha fatto il punto sulle terapie.

Tra i mal di testa, il più diffuso è l’emicrania, tanto da essere la terza malattia in termini di prevalenza. Logico quindi che la ricerca scientifica sia concentrata nel trovare costantemente nuovi farmaci per migliorare la qualità della vita.

Quali sono le nuove terapie? «Dobbiamo distinguere tra le nuove terapie che sono già disponibili e quelle che sono ancora in fase di studio» spiega Pietro Cortelli, professore di Neurologia università di Bologna direttore programma Cefalee IRCCS di scienze neurologica AUSL Bologna, al Congresso sulle Cefalee di Bologna.

I FARMACI IN ARRIVO

Siamo già alla sperimentazione sull’uomo, quindi possiamo essere ottimisti. Dovrebbero essere disponibili sul mercato entro un anno. Sono farmaci che tendono a modificare l’evoluzione della malattia e che hanno un effetto di prevenzione: il loro obiettivo è quello di ridurre la frequenza degli attacchi e tutti i fenomeni legati all’emicrania che sono poi la causa della disabilità dei nostri pazienti. Per capirci non sono i farmaci che si prendono quando ho un forte mal di testa, ma quelli che prendo come terapia per cercare di influire sulle cause della malattia.

La causa della malattia oggi è complessa e in parte non perfettamente nota. L’emicrania è un dolore primario: nasce perché il cervello deve in qualche modo recuperare le sue riserve energetiche. Quando abbiamo consumato più energie di quante ne abbiamo in riserva, l’emicrania è una delle possibili risposte del cervello.

Quando il cervello decide di dare una risposta di dolore, attiva una serie di sostanze chimiche che sono abbastanza specifiche, perché il cervello è un organo speciale: raccoglie tutte le sensibilità dall’interno e dall’esterno del corpo, ma il cervello non è sensibile. Quindi se deve dare il segnale dolore, deve dare l’ordine ad altre strutture e non a se stesso. Per farlo sfrutta i vasi che ha intorno. È il cosiddetto sistema trigemino vascolare. Le sostanze chimiche che fanno funzionare il sistema trigemino vascolare, che appunto è il modo che ha il cervello per dare il segnale di dolore, sono implicate sostanze particolari. Una di queste si chiama CGRP: se noi lo inibiamo o riduciamo il suo effetto si riduce il dolore e si riducono gli attacchi. Ci sono diversi modi per fare questo, uno dei modi più moderni è l’uso di anticorpi specifici. I nuovi farmaci conterranno questi anticorpi.

LE TERAPIE CHE ABBIAMO GIA’ A DISPOSIZIONE

Da una parte abbiamo i farmaci per l’attacco che conosciamo tutti. L’innovazione è quella di combinare i triptani con gli analgesici comuni che fanno passare anche il mal di testa. I triptani sono quelli specifici per l’emicrania, che influiscono sempre sui CGRP, che quindi ti fanno passare solo il mal di testa. Per capirci, se ti fa male una spalla sono assolutamente inutili. Oggi si abbinano i due farmaci: triptani e analgesici insieme.

Nella terapia preventiva il vero problema clinico non è l’attacco di emicrania, ma quelle situazioni in cui l’emicrania diventa molto frequente, cronica. Capita nell’1/2% della popolazione, quindi è un problema diffuso. In questo caso la terapia può solo essere preventiva.

Come prima cosa dobbiamo ridurre il numero degli analgesici che il paziente usa per avere una qualità di vita accettabile. Perché il numero degli analgesici è uno dei motivi per cui l’emicrania si cronicizza. Quindi a una terapia preventiva dobbiamo affiancare anche una detossificazione, togliendo i farmaci di cui spesso si abusa. Ottima in questi casi è l’agopuntura, che com’è noto non ha effetti collaterali e funziona molto bene. Ultimamente usiamo molto anche la tossina botulinica, che generalmente viene abbinata all’estetica, ma che invece dà buoni risultati anche per l’emicrania. Occorre fare un’iniezione ogni tre-quattro mesi.

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